Se ultimamente il teatro sta vivendo un periodo di gradevole connubio con il cinema, lo si deve fondamentalmente a un signore di nome Polanski Roman. Dopo il frizzante Carnage girato totalmente all’interno di un’abitazione, il regista francese decide di autolimitarsi ancora di più, sfruttando un semplice palcoscenico e due attori straordinari.
Il cinema si teatralizza…
L’opera del titolo, riadattata dall’autore, è di una modernità destabilizzante che sprizza attraverso le delicate battute di Severin von Kusiemski/ Mathieu Amalric contrapposte alle ruvide risposte di Wanda von Dunayev/Emmanuelle Seigner. Il sadomasochismo, tema dominante della pièce, viene utilizzato come punto di partenza per analizzare gli istinti primordiali e ancestrali dell’uomo e della donna. L’inconscio represso, insolitamente oscuro come l’ angolo della ribalta, trova più volte la sua ragion d’essere prima come nuovo abito da indossare, poi come nuova parte da recitare e infine come tragedia greca da commemorare.
Il teatro è il cinema
Dopo pochi minuti dall’inizio, realtà e finzione si sovrappongono e finiscono inesorabilmente col confondersi. Niente è come appare: la recita naturale e le pause ritmicamente orchestrate mettono in luce un erotismo iconico, una sorta di sessualità asessuata che attrae e respinge contemporaneamente. Venere in Pelliccia è per questo un film splendido che intrattiene, diverte, affascina, scuote e lacerando la mente dello spettatore come l’ira di una Baccante dimostra di essere un film ancora più complesso di quello che sembra.
Francesco Pierucci