Chi siamo? Quante facce abbiamo? Che cos’è l’amore? Le precedenti domande hanno una risposta?
In latino “persona”, prima di essere umano, significa “maschera”. Possiamo così dire che tutti, anche solo a un livello inconscio, presentiamo una falsa personalità al cospetto della società. Il nuovo universo di Kaufman è pieno di queste persone, idealizzate come pupazzi in stop-motion, troppo impaurite e confuse per vivere a pieno la loro vita. Non è la prima volta che lo scrittore di Essere John Malkovich e di Eternal Sunshine si confronta con il tema della perdita dell’identità, ma questa volta, grazie alla manifesta influenza del film di Bergman e del Fu Mattia Pascal, ci conduce in un vortice nichilistico senza fine, costituito da dolorose illusioni e amara ironia. Questo è il mondo in cui Michael Stone “esiste”. Michael è un paradosso vivente: ha scritto un libro dal titolo Help me to help you ma non è in grado di aiutare se stesso. E’ uno straniero nella sua stessa società (ricordate la canzone di Sting: “I am an alien, I am a legal alien, I am an Englishman in New York”?). Sì, Cincinnati non è esattamente la Grande Mela (purtroppo il chili non basta) e così non è affatto assurdo che il protagonista inizi a impazzire davvero in fretta.
Cosa potrà salvarlo dal baratro della depressione? L’amore, ovviamente. L’unico sentimento che può aiutarlo ad abbandonare lo sguardo blasè e distinguere finalmente un volto tra la folla indistinta. E quel volto è di Lisa. Lisa è una meravigliosa anomalia: una donna timida con i suoi difetti perfetti. L’unico modo per riuscire a descriverla è prendere in prestito le parole di Cindy Lauper che Lisa canta con la sua emozionante voce nella scena più bella di tutto il film:
Some boys take a beautiful girl
And hide her away from the rest of the world
I wanna be the one to walk in the sun
Oh girls, they wanna have fun
Lisa è un’ombra nata troppo lontana dalla luce solare dell’auto-consapevolezza. Come un’antica sex-doll geisha, è fuori dalla realtà e proprio per questo non ha bisogno di fingere di essere chi non è. Dopo lo stupefacente Synecdoche, New York, Kaufman torna dietro la macchina da presa (grazie a KickStarter!) con l’obiettivo di lasciarci un altro insegnamento senza tempo: la vita è rilevante nella sua irrilevanza.
Fatevi un favore: andate a vedere Anomalisa e se dopo la proiezione vi sentirete depressi e con un vuoto incolmabile, non vi allarmate! E’ semplicemente il film che ha raggiunto il suo obiettivo…
Francesco Pierucci
2 pensieri su “ANOMALISA: IL CAPOLAVORO DI KAUFMAN TRA BERGMAN E PIRANDELLO”